Il lockdown del 2020, oltre agli effetti benefici contro il Coronavirus, potrebbe anche aver avuto quello della riduzione dei livelli di ozono (O3) nella troposfera (dal suolo a 15 km di altitudine) dove questo gas è tra i responsabili dell’effetto serra. A scoprirlo è uno studio condotto da ricercatori del Cnr-Isac, in collaborazione con Istituto di scienze marine del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ismar), Università di Urbino ed Eidgenössische Technische Hochschule (Eth) di Zurigo, pubblicato su Environmental Research Letters- L’effetto immediato del lockdown è stato non tanto nei confronti dell’ozono in sè, ma dei precursori di questo gas, osserva Paolo Cristofanelli, primo ricercatore del Cnr-Isac di Bologna, “ossia di quelle sostanze che, in presenza di radiazione solare, ne provocano la formazione e che possono essere emesse da fonti umane fra cui, ad esempio, il traffico veicolare. Sembrerebbe essere questo ridotto fattore antropico – aggiunge – ad avere determinato i bassi livelli osservati a Monte Cimone”.
Durante la primavera e l’estate del 2020, a Monte Cimone, dove c’è una stazione gestita dal Cnr-Isac in collaborazione con l’Aeronautica Militare, sono stati infatti osservati valori di ozono molto inferiori agli anni precedenti, sin dal 1996, “che l’analisi di variabili meteorologiche e dei cicli giornalieri – precisa Cristofanelli – non ha indicato come riconducibili a cambiamenti nel trasporto verticale di masse d’aria nella zona di Monte Cimone, legate ad effetti orografici. I bassi valori di O3 che hanno caratterizzato la primavera e l’estate del 2020 non possono essere spiegati neppure da differenze nella circolazione ad ampia scala rispetto ai cinque anni precedenti”. Lo studio, conclude il ricercatore del Cnr, “conferma l’importanza, come già indicato da studi internazionali, di limitare le emissioni antropiche dei precursori dell’O3, al fine di diminuirne il quantitativo in libera troposfera, dove questo composto svolge il suo ruolo di gas a effetto serra”. (ANSA).