La Nature Restoration Law, la legge che dovrà non solo tutelare, ma anche ripristinare, sostenendone la rinascita, la biodiversità degli ecosistemi europei, è finalmente realtà.
Accanto alla crisi climatica passeggia un’altra crisi, la crisi ecologica. Le due crisi, messe assieme, hanno un impatto devastante sulla sopravvivenza di numerose specie, inclusa quella umana. L’UE sostiene, dati alla mano, che l’81% degli habitat europei sia in cattive condizioni: questi ecosistemi non sono in grado di generare la medesima abbondanza riscontrabile in ecosistemi sani e floridi, né sono in grado di rigenerarsi, offrendo acqua e aria pulita, cibo sano e riparo agli esseri viventi che li popolano. Inoltre, sotto la pressione della crisi climatica, gli ecosistemi compromessi rispondono peggio alle sfide che si presentano, impoverendosi ulteriormente fino al crollo dell’equilibrio ecosistemico. Quando un ecosistema entra in disequilibrio, le reazioni a catena sono normalmente destabilizzanti e, talvolta, pericolose per gli esseri viventi.
Primo esempio al mondo di legislazione di ripristino ambientale
La legge è il primo esempio al mondo di legislazione di questo tipo e pone l’UE come apripista di riferimento sul tema. È un segno molto forte anche in prospettiva COP 29 e CBD COP 16, che si terranno rispettivamente a Baku (Azerbaijan) e in Turchia nel 2024.
L’anima della legge è il superamento del concetto, seppur importante, di mera tutela ambientale in favore dell’integrazione del concetto di ripristino degli ecosistemi. È necessario far rifiorire la biodiversità, la vera rete di sicurezza per la vita sulla Terra, e rigenerare gli ecosistemi compromessi, da quelli marini a quelli terrestri, da quelli di acqua dolce a quelli urbani.
I contenuti
Si mira al ripristino ecosistemico attraverso vari step. Per quanto riguarda il recupero degli ecosistemi in cattive condizioni, gli Stati membri dovranno ripristinarne almeno il 30% entro il 2030, almeno il 60% entro il 2040 e almeno il 90% entro il 2050. In sinergia con gli altri Stati europei, dovremo ripristinare il 20% di tutti gli habitat UE entro il 2030 e il 100% entro il 2050. I siti Natura 2000 saranno quelli prioritariamente interessati dagli interventi. Gli Stati membri dovranno impegnarsi a non deteriorare nel tempo gli ecosistemi, in particolare quelli riportati in buono stato attraverso gli sforzi di ripristino e dovranno stimolare entro il 2030 l’inversione di tendenza riguardo al declino delle popolazioni di impollinatori. Inoltre, dovranno migliorare almeno due dei seguenti tre indicatori: popolazione di farfalle comuni, stock di carbonio organico nei terreni minerali coltivati e percentuale di superficie agricola con elementi caratteristici del paesaggio con elevata diversità. Fra le principali misure del nuovo regolamento si annoverano, entro il 2030, anche l’aumento della popolazione di uccelli in habitat forestale, il ripristino delle torbiere drenate, la piantumazione di almeno 3 miliardi di alberi supplementari in UE, la liberazione di almeno 25.000 km di fiumi dalle loro barriere artificiali, rendendoli a scorrimento libero, e la garanzia che non vi siano perdite nette di spazi verdi e di copertura arborea urbani.
L’impatto sull’economia
Tutte le più importanti organizzazioni di imprese, a partire dal World Economic Forum, hanno individuato nella perdita di biodiversità uno dei principali fattori di rischio per l’economia globale nel medio e lungo periodo. Anche la BCE si è espressa in questa direzione, come pure 80 CEO di altrettante aziende, anche di rilievo mondiale, che hanno firmato una lettera a sostegno di questa legge.
I prossimi passi
Gli Stati membri saranno tenuti ad applicare il regolamento e a presentare entro metà 2026 dei piani nazionali di ripristino credibili, indicanti le modalità con cui intendono conseguire gli obiettivi. Dovranno inoltre monitorare i progressi e riferire in proposito, sulla base di indicatori di biodiversità condivisi a livello UE, mentre la Commissione, entro il 2033, riesaminerà l’applicazione del regolamento e il suo impatto, anche dal punto di vista socio-economico.