Cresce l’industria italiana delle bioplastiche che nel 2018 registra 2.550 addetti dedicati (+4%), 88.500 tonnellate di manufatti prodotti (+21%) e un fatturato di 685 milioni di euro (+26%). Sono questi i dati contenuti nel V rapporto annuale di Assobioplastiche. Nel 2018, in Italia, in base ai risultati dello studio effettuato da Plastic Consult, società indipendente che svolge studi e analisi di mercato nel settore delle materie plastiche, l’industria delle plastiche biodegradabili e compostabili è rappresentata da 252 aziende (+4%), suddivise in produttori di chimica e intermedi di base (5), produttori e distributori di granuli (20), operatori di prima trasformazione (162), operatori di seconda trasformazione (65).
Anche il fatturato sviluppato dalla filiera industriale è notevolmente cresciuto nel corso degli ultimi anni, passando da poco meno di 370 milioni di euro del 2012 ai 685 milioni di € nel 2018, con una crescita media annua di circa l’11%. Un forte incremento è stato registrato proprio nel corso dell’ultimo anno, in particolare nella parte alta della filiera, quella relativa ai produttori di chimica e intermedi di base.
Nel complesso il comparto ha aumentato il proprio valore di oltre l’85% rispetto ai primi anni di attività, nonostante la progressiva decrescita dei prezzi di vendita. Il sistema però, complessivamente, secondo le stime dell’Osservatorio di Assobioplastiche, varrebbe già oltre un miliardo di euro con il semplice rispetto delle leggi esistenti.
Per quanto riguarda gli addetti dedicati, ovvero le persone che nelle aziende del comparto si occupano direttamente dei prodotti che entrano nella filiera delle plastiche compostabili, secondo lo Studio Plastic Consult sono pressoché raddoppiati negli ultimi anni, passando dalle 1.280 unità del 2012 fino a raggiungere le 2.550 unità nel 2018.
Negli ultimi anni, i volumi complessivi dei manufatti prodotti dall’industria sono risultati in costante crescita arrivando nel 2018 a raggiungere le 88.500 tonnellate, segnando un +21% rispetto all’anno precedente. Nel complesso, lo studio Plastic Consult calcola un tasso di crescita media annua nell’arco di temporale 2011-2018 prossimo al 10%.
Se, infatti, il 2011 è stato il primo anno di sviluppo del comparto, con l’entrata in vigore dell’obbligo di adottare sacchetti biodegradabili in sostituzione di quelli in polietilene, i tre anni successivi hanno avuto un andamento sostanzialmente stabile (principalmente a causa del mancato rispetto della legge e del fenomeno dei cosiddetti “falsi biodegradabili”, ossia sacchetti in PE addivitati) e solo nel 2015 i volumi sono ritornati in forte crescita (oltre 12.000 tonnellate in più).
Il volano legislativo ha avuto impatto anche sui mercati internazionali, con la Francia che ha reso obbligatorio nel corso del 2017 l’utilizzo di sacchetti ultraleggeri compostabili.
L’industria nazionale ha beneficiato di questa opportunità avviando già a fine 2016 le prime produzioni di queste tipologie di sacchetti destinati all’esportazione. Nel corso del 2018, il maggiore impulso ai volumi è provenuto proprio dal nuovo segmento dei sacchetti ultraleggeri per confezionamento merci sfuse, che ha superato ampiamente le 15.000 tonnellate diventando la seconda principale applicazione dopo gli shopper.
Relativamente ai settori applicativi, in base allo studio Plastic Consult, nel 2018, delle 88.500 tonnellate di polimeri lavorati, il 61% è stato destinato alla produzione degli shopper monouso per la spesa, il 19% ai sacchi ultraleggeri e il restante 20% suddiviso tra i sacchi per la raccolta della frazione organica, manufatti per l’agricoltura, la ristorazione, il packaging alimentare e l’igiene della persona. (Adn Kronos)